Il referendum e le “prefiche” del Financial Times

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Il “Financial Times” si sforza quotidianamente di dar ragione a un vecchio aforisma che illustra un paradosso. Gli economisti, si dice, dovrebbero predire il futuro e analizzare il presente, al contrario riescono (a stento) a predire il presente mentre sono molto più abili a illustrare il futuro. È esattamente quel che hanno fatto queste simpatiche prefiche d’oltre-Manica annunciando che se domenica prossima non dovesse passare il “sì” al referendum, un nutrito gruppo di banche italiane fallirebbe. E giù l’elenco: Monte dei Paschi, la Popolare di Vicenza, Carige, Banca Etruria, CariChieti, banca delle Marche e CariFerrara. Vedremo se questo ultimo endorsement (come dicono le persone colte; sostegno, per noi sempliciotti) darà a Matteo Renzi la spinta necessaria per tagliare vittorioso il traguardo; nel frattempo sicuramente la darà a qualche speculatore. D’altro canto si sa, i britannici sono piuttosto noti per il loro houmor freddo e il più delle volte nero e il “Financial Times” voleva evidentemente fornire una prova ulteriore di questa straordinaria qualità nazionale. Ma certo sorprende un po’ questa strabiliante tendenza dei mass media anglosassoni a iscriversi tra i gruppi “ultras” impegnati nel campionato referendario. Capiamo bene che in Gran Bretagna la Thatcher ha sgominato gli hoolingans, ma decidere di riproporli in trasferta, per giunta in Italia dove già ne abbiamo parecchi, è veramente un po’ troppo. E poi, un po’ di prudenza non farebbe male. Già in occasione della Brexit il mondo, anche editoriale, che si agita intorno alla City ha fatto tutto e il contrario di tutto astenendosi dall’ azzeccarne una. Ecco perché, al posto di Matteo Renzi ci dedicheremmo a qualche prosaico rito scaramantico forse poco in voga nella patria di Shakespeare ma mai rifiutato sdegnosamente in quella di Dante.

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